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Editoriali






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Nel 2022 e 2023, diecimila studenti ed educatori sono stati uccisi, feriti, rapiti, arrestati o in altro modo danneggiati. Le cause sono stati gli attacchi che hanno colpito istituzioni educative e gli incidenti dovuti all’uso di scuole e università per fini militari. Questi attacchi e incidenti sono stati circa seimila, cioè una media di otto al giorno, con un incremento del 20% rispetto agli anni precedenti. Lo riporta il rapporto Education under attack 2024@, elaborato dalla Global coalition to protect education from attack (Gcpea). La coalizione, formata nel 2010 da organizzazioni attive nel campo dell’istruzione, ha nel suo comitato direttivo rappresentanti di enti come Unicef, Unesco, Human rights watch e Amnesty international.
Nella sezione del rapporto che descrive la metodologia usata, gli attacchi violenti all’istruzione sono definiti come uso della forza, minacciato o effettivo, contro studenti, insegnanti, personale di servizio, funzionari dell’istruzione, edifici, risorse educative o strutture.
Fra le categorie degli attacchi all’istruzione c’è anche l’uso militare di scuole e università. Questo avviene quando le strutture destinate all’educazione sono trasformate in caserme, rifugi temporanei, depositi di munizioni, centri per detenzione e interrogatori.
Quanto ai metodi per la raccolta dei dati, Gcpea ne indica tre: un’analisi di rapporti e statistiche prodotti da Nazioni Unite o Ong, think tank o gruppi di esperti, ricerche sui media e contatti con i membri del personale delle organizzazioni internazionali e nazionali che operano nei Paesi interessati.
La coalizione ha fra i suoi obiettivi anche quello di promuovere e monitorare l’applicazione della Safe schools declaration, un impegno politico che mira a vincolare i governi a proteggere, anche con provvedimenti legislativi, le scuole durante i conflitti armati, a raccogliere dati affidabili sugli attacchi avvenuti e a fornire assistenza alle vittime.
Un esempio di messa in atto della dichiarazione, citato nella scheda informativa 2025 sui progressi fatti, è il Codice di protezione dell’infanzia promulgato dalla Repubblica centrafricana, che rende reato gli attacchi alle scuole e la loro occupazione. Si tratta del primo atto legislativo di questo genere in Africa@.
Nel 2022 e 2023, si legge ancora nel rapporto, il maggior numero di attacchi all’istruzione è stato registrato in Palestina, Ucraina, Repubblica democratica del Congo e Myanmar: centinaia di scuole sono state minacciate, saccheggiate, bruciate, bersagliate da ordigni esplosivi improvvisati o colpite da bombardamenti o attacchi aerei.
Secondo il monitoraggio di giugno scorso sugli impatti della guerra nella striscia di Gaza, pubblicato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha, nell’acronimo inglese), dall’ottobre 2023, 15.379 alunni e 691 membri del personale scolastico sono stati uccisi, mentre 23.105 studenti e 2.926 insegnanti sono stati feriti. L’89% delle scuole, cioè 501 su 564, dovranno essere ricostruite del tutto o subire ristrutturazione massicce per tornare a funzionare. In totale, sono 658mila i bambini e gli adolescenti e 87mila gli studenti universitari che non possono andare a scuola.
Già a settembre 2024, uno studio realizzato dall’Università di Cambridge in collaborazione con l’Agenzia Onu per i profughi Palestinesi, Unrwa, e il Centre for lebanese studies, un centro studi sul Libano con sede nel Regno Unito, rilevava che i bambini e i giovani di Gaza fra la pandemia, gli scontri nel maggio 2021 e la guerra attuale hanno perso circa due anni scolastici, con un conseguente aumento del 20% della povertà educativa, cioè la quota di bambini che a 10 anni non sa leggere un testo di base.
Lo studio calcolava anche che uno studente in procinto di affrontare l’equivalente dell’esame di maturità nel 2023 vedeva ritardato di due o tre anni il conseguimento del titolo se non gli fosse stato permesso di tornare immediatamente a scuola e ricevere anche un sostegno integrativo per recuperare le competenze perdute.
A peggiorare la situazione, continua il rapporto, intervenivano ulteriori fattori: le disabilità provocate dalle violenze a una media di 15 bambini ogni giorno, i ritardi nello sviluppo cognitivo dovuti alla malnutrizione e le conseguenze sulla salute mentale, e quindi su attenzione, concentrazione e memoria, di migliaia di bambini traumatizzati dalla guerra.

In Ucraina, fra gennaio e aprile di quest’anno, 220 bambini sono stati uccisi o feriti: un numero del 40% più alto di quello dello stesso periodo del 2024.
Nemmeno qui gli attacchi risparmiano le scuole: a fine giugno un istituto superiore della zona di Odessa è stato colpito da missili balistici russi che hanno ucciso due persone dello staff della scuola e danneggiato la struttura: nessun bambino è stato ferito perché erano già iniziate le vacanze estive e la scuola era vuota.
Nel complesso, riportava l’Unicef a marzo 2025, le istituzioni educative danneggiate dall’inizio dell’invasione russa sono 3.373, di cui 385 distrutte. A fine dicembre dell’anno scorso, 741mila bambini studiavano in modalità mista – in presenza e a distanza -, mentre 443mila seguivano le lezioni solo online. A Kharkiv, riportava Save the children a gennaio di quest’anno, per garantire ai bambini la scuola in presenza almeno qualche ora al giorno, nonostante i frequenti attacchi, la città ha predisposto scuole sotterranee nel sistema della metropolitana.
Le proporzioni dello studio online cambiano in relazione all’area geografica e alla vicinanza del fronte: i risultati di un sondaggio realizzato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), pubblicati nel maggio scorso, mostravano che nella macro regione più colpita dalle ostilità, cioè la parte orientale del Paese, la metà degli alunni studiava solo online e solo uno su otto frequentava lezioni in presenza; per gli sfollati interni, la quota di didattica a distanza era del 44%.
Anche in Ucraina, i test standardizzati condotti già a ottobre del 2022, dopo otto mesi di guerra, rilevavano un declino nell’apprendimento comparabile a due anni di scuola persa.

E poi c’è il Sudan, la crisi insieme più grave – almeno nei numeri – e più ignorata di questi anni. Secondo i dati del Global education cluster – l’approccio a cluster (grappolo) è il meccanismo di coordinamento adottato dal 2005 dalle Agenzie Onu e i loro partner specializzati per affrontare le emergenze – la situazione attuale in Sudan è la seguente: dopo due anni di conflitto, su 12,5 milioni di studenti iscritti prima della guerra, 9 milioni non sono ancora tornati a scuola. A questi vanno aggiunti i 6,9 milioni di bambini che già prima del conflitto non erano scolarizzati. Nelle parti occidentale e meridionale del Paese l’istruzione formale – cioè scuole registrate e riconosciute, pubbliche o private che siano – manca del tutto, gli insegnanti non ricevono lo stipendio o lo ricevono solo in modo irregolare e un milione di ragazzi sono a rischio di passare all’età adulta senza un diploma di istruzione secondaria, vedendo così preclusa ogni possibilità di continuare gli studi e di trovare lavori qualificati.
Anche nell’Est della Rd Congo, riportavano Save the children e Unicef a maggio, oltre 600mila bambini non sono ancora tornati a scuola dopo la ripresa, a gennaio 2025, delle ostilità fra l’esercito congolese e gruppo ribelle M23, sostenuto dal vicino Rwanda. In particolare, risultavano ancora chiuse 786 scuole su 6.632 nella provincia del Nord Kivu e 862 scuole su 8.175 nel Sud Kivu.
In Ituri, provincia confinante con il Nord Kivu, a fine maggio altri 130mila bambini risultavano non frequentare più la scuola, portando così a 1,3 milioni il totale degli alunni della provincia senza accesso all’istruzione.
Unicef ha quantificato in 57 milioni di dollari i fondi necessari per affrontare la crisi nel Congo orientale: a maggio scorso, mancavano ancora 24 milioni di dollari per raggiungere la cifra necessaria.

Secondo il Rapporto di monitoraggio globale sull’istruzione 2024, 251 milioni di bambini continuano a essere non scolarizzati. Il dato si è ridotto solo dell’1% nel corso dell’ultimo decennio. Nei Paesi a basso reddito, la percentuale di persone in età scolare che non va a scuola è del 33%, a fronte del 3% dei Paesi ad alto reddito. Oltre la metà dei bambini non scolarizzati del mondo si trova in Africa subsahariana.
Il tema è: «Promuovere l’alfabetizzazione nell’era digitale». L’obiettivo di quest’anno è sensibilizzare al ruolo degli strumenti digitali, sia per favorire l’apprendimento da parte di circa 754 milioni di persone nel mondo che risultano tuttora non alfabetizzate, sia per evitare, viceversa, che il divario digitale crei una doppia emarginazione, privando le persone anche dei benefici dell’era delle tecnologie digitali. Per gli aggiornamenti sugli eventi che segneranno la giornata si può fare riferimento al sito Unesco: https://www.unesco.org/en/days/literacy
La giornata prevede fra l’altro l’assegnazione di due premi: il primo è il premio Unesco – Re Sejong, promosso dalla Repubblica di Corea e rivolto specialmente all’alfabetizzazione in lingua madre. I premiati sono tre e ricevono una medaglia, un diploma e 20mila dollari.
Il secondo è il premio Unesco – Confucius, promosso dalla Repubblica popolare cinese e dedicato all’alfabetizzazione funzionale e all’uso degli strumenti tecnologici per sostenere l’apprendimento da parte degli adulti nelle aree rurali e dei giovani in abbandono scolastico. In questo caso, i tre vincitori ricevono una medaglia, un diploma e 30mila dollari.
Nel 2019, uno dei vincitori del Premio Confucio è stato il Nuovo comitato il Nobel per i disabili, Ong fondata da Dario Fo, che ha vinto con il programma «Tell Me» Theatre for education and literacy learning of migrants in Europe (Teatro per l’educazione e l’alfabetizzazione dei migranti in Europa), che tutt’oggi mira a favorire «l’inclusione sociale dei giovani e degli adulti migranti in Italia, soprattutto attraverso l’apprendimento della lingua italiana per mezzo del teatro».

Il tema di quest’anno non è ancora stato annunciato alla chiusura di questo articolo, ma gli aggiornamenti verranno pubblicati sulla pagina dedicata dell’Unesco
Per le iniziative in Italia di entrambe le giornate si può visitare la pagina eventi di Onuitalia: https://www.onuitalia.it/calendario-eventi/.
